Cronaca
L’Italia ha un problema chiamato razzismo
Riconoscere un problema è il primo passo per risolverlo. Restare in silenzio significa diventarne parte, il razzismo nel Bel Paese è dilagante e sotto gli occhi di tutti
“Conoscere la storia è fondamentale per far si che determinati episodi non vengano ripetuti”.
Un mantra da tenere ben impresso nella mente, stampato negli occhi dei più dopo che lo scorso secolo è stato uno dei più duri a livello umano. Oggi siamo alle porte del 2020, la tecnologia ha fatto passi da gigante, viviamo in un mondo interconnesso dove è possibile accedere a qualsiasi cosa.
Ogni individuo, ogni persona, nella propria tasca possiede un aggeggio chiamato smartphone che permette di accedere a tutto il sapere del passato, del presente ed in parte del futuro. Nonostante questo, problemi che sembravano essersi estinti decenni fa, stanno tornando in voga, fomentati da un’ignoranza, appunto, ingiustificata.
Emerge tra le crepe di una società dilaniata da tanti problemi, un veleno in particolare: il razzismo. Una sorta di liquido invisibile che scorre nelle vene di chi ha paura di chi è “diverso“, offuscandone gli occhi e la mente. “Zingaro“, “Negro“, “Povero“, “Gay“. Etnie, orientamenti sessuali e condizioni di vita diventano discriminanti di “diversità“.
Ma siamo così sicuri che la provenienza, che il colore della pelle ci renda diversi? È sufficiente questo per dire che due individui sono diversi, che uno è superiore all’altro? La cosa che spaventa questa gente è pensare che non ci siano differenze tra chi va in giro tutto impellicciato e chi muore di stenti. Si è solo nati nella parte giusta del globo.
L’Italia è sempre stato un Paese gioviale, nell’ideale fatto di sole, pane e amore. Fino a quando non si è iniziato a fare i conti con culture nettamente differenti dalle nostre. Eppure, la passione principale degli italiani è il calcio, uno sport che ha da sempre mischiato culture ed etnie differenti. Nonostante ciò, la domenica pomeriggio basta recarsi in uno stadio qualsiasi per ritrovarsi magicamente negli anni ’30.
“Buu“, scimmiottamenti vari verso il Balotelli o il Koulibaly di turno. “Sono 20 stupidi a fare ciò“, “Sono solo fischi, è umorismo!“. Questo per dire che il calcio è lo specchio dello Stivale. Indignazione? Macché! Ecco che parte la gara a chi si nasconde prima dietro un dito. Infine la frase che tanto si aspettava: il razzismo non esiste. L’equivalente de “la mafia non esiste“.
Continuando a sdoganare determinati comportamenti, non si fa che alimentare il fuoco che arde dentro questi individui. Per combattere tutto ciò c’è bisogno di cultura. Viviamo in un’epoca dove le generazioni sono troppo giovani per conoscere la storia e troppo pigre per studiarla.
Bisogna riconoscere che l’Italia ha un problema chiamato razzismo, e come diceva Bauman “è di fondamentale importanza dare un nome alle cose“. Perché si ha paura di affermarlo, e non si ha il coraggio di contrastarlo?
Sono tempi bui e duri per chi sogna un mondo libero. Manca poco per il 30esimo anniversario del crollo del muro di Berlino, simbolo di libertà. Purtroppo sono i muri mentali a dividerci e non quelli fisici. Ognuno nel suo piccolo può fare molto più di quanto creda. Il silenzio alimenta il tutto, perché ricordate che il silenzio è assenso. Non abbiate paura di parlare e di schierarvi. Oggi più di ieri.