Attualità
La cronaca contemporanea e l’eroe che non può esistere: la vicenda del London Bridge
L’eroe-assassino frutto del sensazionalismo della stampa è ben lontano dal paradigma e dai valori che dovrebbe rappresentare
Il giornalismo (italiano e non) molto spesso si lascia andare al sensazionalismo nella narrazione di una vicenda dai caratteri straordinari, cioè fuori dall’ordinario della nostra quotidianità. Molto spesso a questo si accompagna un abuso della parola ‘eroe’, associata a quelle persone che, per istinto o per coraggio, riescono a risolvere una situazione drammatica o pericolosa.
È il caso dell’uomo che ha fermato l’aggressore di Londra, il 28enne Usman Khan che il 26 novembre ha ucciso due passanti e ferito tre uomini, di cui due in condizioni stabili. James Ford, acclamato come eroe da varie testate giornalistiche di caratura nazionale, nel momento del salvataggio sembra che si trovasse in permesso premio, essendo stato condannato a 15 anni di carcere per l’uccisione di una ragazza con difficoltà di apprendimento.
Se è vero che un reato non dovrebbe definire la persona, è anche vero che, nell’immaginario collettivo, la figura dell’eroe non ci rimanda direttamente a un uomo che si è macchiato di un’azione così negativamente fuori dall’ordinario.
L’eroe è un paradigma, un modello che ci ispira a fare meglio, a vivere meglio. Se nessun uomo è perfetto e nessuna vita è priva di azioni negative, potremmo lasciare la figura dell’eroe al mondo mitico dei classici o a quello dei supereroi di Marvel, cercando di liberare il mondo del giornalismo da questo processo di selezione e d’identificazione dei modelli del nostro tempo.