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Obbligo di restare in casa, pubblicare sui social le foto dei trasgressori è reato

Che cosa rischia chi diffonde foto di chi trasgredisce le disposizioni, e come si possono tutelare le ‘vittime’? Tutte le sfaccettature di questa tematica

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foto: lastampa.it

In tempo di quarantena spopolano le ‘soffiate’ da social network. Ma segnalare chi esce di casa con targhe di veicoli e numeri civici senza nessun ‘filtro’ significa violare la legge. Il coronavirus e tutte le restrizioni che comporta non autorizzano il cittadino a ricorrere alla giustizia fai da te.

Coronavirus, obbligo di restare in casa: è proibito diffondere dati personali

Non vi è dubbio che, nonostante la gravità e vastità di questa emergenza, c’è ancora chi viola le misure restrittive imposte dal Governo, ma cercare di fermare questi individui postando sui social network delle foto che li ritraggono potrebbe rivelarsi pericoloso.

Dall’inizio dell’emergenza coronavirus a oggi sono sempre di più i gruppi pubblici, privati, ma anche i singoli profili social che condividono fotografie di chi fa jogging o di chi uscirebbe di casa senza una comprovata esigenza, cioè violando le regole. Decine di migliaia di fotografie che mostrano chiaramente targhe di veicoli e numeri civici di abitazioni private rese pubbliche nel web. Tutti dati personali che per la nostra legge non possono essere diffusi pubblicamente senza autorizzazione da parte dell’interessato, neppure per denunciare presunti illeciti.

Che cosa rischia chi diffonde foto di chi trasgredisce le disposizioni?

Oltre a un eventuale risarcimento in sede civile, si rischia di dover rispondere del reato di diffamazione aggravata, previsto dal nostro codice penale all’art. 595 , se la fotografia viene accompagnata da post che mettano in risalto l’identità dei trasgressori che avrebbero violato le disposizioni anti contagio.

La regola è semplice: in primis, non conosciamo la reale ragione dell’uscita di quella determinata persona, e in ogni caso, eventuali condotte illecite devono essere segnalate alle autorità competenti, polizia e carabinieri. Devono essere poi le autorità competenti a farsi carico di dare esecuzione alle misure prescritte.

L’emergenza sanitaria non rappresenta una deroga alle norme che disciplinano il rispetto dell’altrui riservatezza e reputazione.
Dal punto di vista tecnico tutto ciò che identifica una persona fisica è un dato personale che, salvo eccezioni, non può essere divulgato senza il consenso dell’interessato.

Il mezzo non è influente, il reato di diffamazione si può configurare anche se si condividono i contenuti su gruppi WhatsApp o via mail comunicando con più persone.

Coronavirus, come si possono tutelare le ‘vittime’ della diffamazione?

Che cosa si può fare, allora? Se si è stufi di vedere persone che infrangendo la legge attentano alla nostra salute si possono segnalare i casi sospetti alle autorità competenti, anche ai vigili urbani, che poi trasmetteranno tutto, compresa l’eventuale documentazione fotografica, alla polizia o ai carabinieri per le valutazioni del caso.

Le ‘vittime’ di questa diffamazione come si possono tutelare? Oltre a chiedere l’immediata rimozione della fotografia che li riguarda, i diretti interessati possono, in caso di diffamazione, sporgere querela nei confronti di chi ha pubblicato la fotografia ma anche di coloro che aggiungono commenti offensivi.

Inoltre a pagarne le conseguenze è anche chi gestisce il gruppo social, se messo a conoscenza del fatto e non si attiva al fine di tutelare il diffamato. È possibile, poi, presentare un reclamo al Garante per la Protezione dei dati personali per chiedere la cessazione immediata del trattamento dati che ci riguarda e quindi la rimozione della fotografia.

Attenzione a non prendere sottogamba la situazione perché, per alcune Procure, addirittura chi mette un like potrebbe essere chiamato a rispondere dello stesso reato.

Nata a Nocera Inferiore il 16 novembre 1989, laureata in giurisprudenza nel 2017 presso l’Università “Federico II” di Napoli, e nel 2019 specializzata in professioni legali. Intraprendente, pragmatica e caparbia rispetto agli obiettivi che si pone. Da sempre attiva nel campo dell’associazionismo a promozione della legalità. Ama cucinare, esplora il mondo viaggiando e colleziona maglie da calcio.

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