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Screenshot, sono prove per la legge? Il valore probatorio delle emoticon

L’istantanea del contenuto dello schermo e le contestazioni della controparte, con le faccine a giocare un ruolo decisivo; la nuova frontiera del diritto ha a che fare con la disciplina delle chat

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foto: lastampa.it

La diffusione massiccia di applicazioni di messaggistica istantanea, quali ad esempio Whatsapp, ci pone spesso di fronte alla possibilità di ricevere messaggi, che possono essere utili a far valere i nostri diritti dinanzi ad un giudice. Tuttavia, affinché i messaggi costituiscano la ‘prova’ di quanto si sta affermando è necessario saperli utilizzare in maniera corretta.

I nostri smartphone danno la possibilità di cristallizzare quanto visibile sul nostro schermo, ad esempio i messaggi, tramite il cosiddetto screenshot, che, di fatto, effettua un’istantanea del contenuto dello schermo, che viene conservata in memoria come immagine.

Gli screenshot sono producibili in giudizio come prova?

La questione è stata molto dibattuta in giurisprudenza, anche se l’orientamento più recente, di fatto, ha riconosciuto la qualità di “prova documentale” allo screenshot, anche in assenza di una certificazione, lasciando al giudice, il compito di valutare l’attendibilità di queste nuove forme di prove documentali.

La prima azione utile è quella di fare uno screenshot del messaggio e di stamparlo su carta, oppure memorizzarlo su una pennetta usb. A questo punto però siccome la legge lo considera come una fotocopia, questa può assumere valore di “prove” solo se non viene contestata dalla controparte, contestazione che, molto probabilmente, accadrà.

Sul punto però la Corte di Cassazione ha precisato che non basta una semplice e generica contestazione, ma che è necessario spiegare le ragioni di dubbio sull’autenticità dello screenshot. Pertanto, la controparte dovrà spiegare per quali motivi ritiene lo screenshot non rispondente alla realtà.

Un metodo alternativo è quello di far leggere i messaggi ad una persona che poi sia disposta a testimoniare dinanzi al Giudice, oppure richiedere la trascrizione dei messaggi, affidando l’incarico ad un perito che, attraverso una perizia, dopo aver esaminato il contenuto del messaggio, trascriva il testo in un documento che, diventerà “ufficiale”, con l’attestazione di autenticità da parte del Tribunale, previo giuramento del perito stesso.

Infine, in casi eccezionali è possibile richiedere l’acquisizione del cellulare da parte delle Autorità, in modo da poter consentire alle stesse di verificare ed estrarre il contenuto dei messaggi che si intende utilizzare come prova.

Le emoticon hanno valore probatorio?

Le c.d. ‘faccine’ non solo hanno valore probatorio ma possono addirittura avere un ruolo decisivo, capace di determinare l’esito di un giudizio. I messaggi, corredati da emoticon, possono essere ancora più espliciti, in quanto consentono di contestualizzare i messaggi. Le sentenze che riconoscono al messaggio di WhatsApp il valore di “prova” sono ormai cosa comune.

L’allargamento di vedute della giustizia in tal senso, sta alimentando una visione “moderna” del diritto, che prende sempre più in considerazione la “vita online”.

Nato a Vico Equense il 26 Aprile 1990, è un giovane avvocato specializzato in diritto penale e tributario. Laureato in Giurisprudenza nel 2016 presso l’Università di Napoli Federico II, e nel 2019 in Management presso l’Università delle Camere di Commercio di Roma. Ambizioso, determinato, ed empatico nei rapporti umani, da sempre attivo nel campo del volontariato e della promozione sociale, schierato accanto dei più deboli per la tutela dei loro diritti. Inguaribile viaggiatore, amante dell’arte e del buon cibo italiano.

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