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“Une femme”, la pagina di Wikipedia contro la stampa che antepone il sesso ai meriti

Troppo spesso, una donna che ha successo, con merito, viene indicata come “una donna”. Perché quando si tratta di un uomo non accade?

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Andrea Ghez
foto: Wikipedia

“Una donna è una giornalista, leader aziendale, chimica, diplomatica, economista, vescovo, rabbino, imam, fisico, atleta superiore, direttrice sportiva, pilota di caccia, birraia, lavoratrice, fumettista, calciatrice, chef, DJ e personalità politico lituana, francese, belga, britannica, namibiana, senegalese, sudcoreana, iraniana, giapponese, etiope, svizzera, americana, australiana, marocchina, tedesca, svedese, israeliana, greca, gabonese e olandese. La sua attività scientifica le è valsa cinque premi Nobel in chimica, ma solo una medaglia Fields. È anche la migliore lavoratrice in Francia”.

Così si legge non appena si apre la pagina satirica che la Wikipedia francese ha creato in risposta a quella stampa che non smette di anteporre il sesso di #unadonna alla sua bravura, ai suoi meriti o alla sua carriera.

Non c’è bisogno, però, di guardare la stampa estera francese per accorgerci di un problema così radicato nel modo di fare giornalismo da essere considerato normale. Il giornalismo ha un grande problema di comunicazione nella narrazione di fatti e avvenimenti che riguardano #unadonna.

Così, l’assegnazione del premio Nobel per la Fisica alla ricercatrice Andrea Ghez viene comunicato da Huffpost con il titolo “Mamma e nuotatrice: chi è Andrea Ghez, Premio Nobel per la Fisica”.

Huffpost antepone consapevolmente l’essere madre, donna e nuotatrice (!) della ricercatrice al suo lavoro, alla sua carriera e alla sua vittoria. Questa narrazione distorta non riguarda certo soltanto il mondo scientifico. Iodonna ci tiene a comunicare l’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura alla scrittrice americana Louise Gluck con questo titolo: “Altro Nobel a una donna: per la Letteratura alla poetessa Louise Gluck”.  Anche qui si antepone il sesso della persona alla sua carriera.

In Italia, la scrittrice Michela Murgia ha preso a cuore questo problema. La scrittrice e attivista ci invita a fare un’azione tanto semplice quanto fondamentale: contare. Contiamo quante volte in un articolo compare #una donna, contiamo quante volte il suo sesso è anteposto alla sua carriera, contiamo quanti posti importanti e decisionali sono occupati da donne, contiamo quante volte queste donne sono oggettificate.

Ci accorgeremo che contare è fondamentale per portare alla luce un problema così radicato nella mentalità di tutti da essere considerato normale, eppure non è normale anteporre il sesso di una persona, il suo essere mamma o “nuotatrice” alla sua carriera e ai suoi successi. 

Nata a Nocera Inferiore il 3 dicembre 2000, è giornalista praticante presso ZetaNews. Diplomata al Liceo Classico "Marco Galdi" nel 2019, dallo stesso anno è studentessa di Lettere Classiche presso l’Università degli studi di Salerno. Appassionata di scrittura creativa, ha partecipato a diversi concorsi letterari: nel 2016 si è classificata terza al concorso “le parole sono ponti” e nel 2019 si è classificata seconda al Premio Badia di Cava De’ Tirreni. Ama i libri, l’arte e raccontare le ingiuste condizioni del patrimonio artistico della città in cui vive. “Figlia” del Pirandello giornalista, cerca di non fermarsi mai alla narrazione superficiale degli eventi. «E mentre il sociologo descrive la vita sociale qual essa risulta dalle osservazioni esterne, l’umorista armato del suo arguto intuito dimostra, rivela come le apparenze siano profondamente diverse dall’essere intimo della coscienza degli associati». (Pirandello, saggio sull’umorismo)

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