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Cronaca

Terremoto 1980: 40 anni dopo quel giorno che cambiò per sempre l’Irpinia

La terra piange ancora i suoi figli accarezzando quelle cicatrici indelebili, nell’animo e nel fisico. Sono passate quattro decadi da quel funesto giorno, che cambiò la vita di tutti gli irpini

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Titolo giornale fate presto Terremoto 1980
Foto: IlMattino.it

«Ad un tratto la verità brutale ristabilisce il rapporto tra me e la realtà. Quei nidi di vespe sfondati sono case, abitazioni, o meglio lo erano
Alberto Moravia, “Ho visto morire il Sud”.

La vita scorre come in un qualsiasi giorno di un qualsiasi novembre. Le giornate sono ormai brevi e l’inverno incombe su questa fine del primo anno degli ’80. C’è una signora che si affretta a compare il pane, a rientrare per preparare la cena e a mettere a letto i figlioletti. Domani c’è scuola.

Dalle campagne si iniziano a scorgere le sagome dei lavoratori, appesantiti dalla stanchezza ma animati dalla fame e dalla sensazione che solo il tepore della propria abitazione sa regalare. Ma non c’è fretta, è una giornata insolitamente calda, da far pensare che l’autunno si sia travestito da primavera per rendersi più amabile.

Seduto sul letto della sua cameretta, un bambino dall’animo ancora puro e la testa leggera come una nuvola si interroga sul come sarebbe cambiata la sua vita, sul quando, quando sarebbe diventato un adulto di quelli che non fanno altro che impartirgli ordini. “Che palle”.

Alle 19:34 un boato così forte da sembrare quasi qualcosa di concreto si stagliò all’orizzonte, sibilando alle orecchia di tutti gli irpini. In un attimo la terra iniziò a tremare così forte che era difficile addirittura scendere le scale senza ruzzolare giù. Seguì un minuto e mezzo di assoluto terrore e distruzione.

Le piazze, gli spazi risparmiati dalla ferocia della natura si riempirono di gente, nella notte che si era colorata di bianco per la polvere dei calcinacci. Occhi sgranati, sguardi increduli, c’è qualcuno che chiede “ma è scoppiata la guerra?“. Quello è il primo pensiero che balza alla mente di persone che di conflitti mondiali ne porta sulle spalle quasi due. C’è qualcuno che apostrofa:

Ma quale guerra, era un terremoto
Un terremoto? E cos’è?

Un titolo di giornale, imperioso, si staglierà su tutte le macerie: “FATE PRESTO“. I soccorsi, quel pomeriggio, arrivarono con un fatale ritardo. Ma l’Italia intera si mobilitò per tendere una mano, una luce nel buio dei tetti crollati, dei cuori sepolti.

In quel momento, in quel minuto trentaquattro delle diciannove del 23 novembre del 1980 la vita di 2914 irpini finì; per i più fortunati, la loro esistenza si era spaccata in due, proprio come la terra. Una ferita così grande da creare una frattura nello spazio-tempo, definendo con una linea di demarcazione un “prima” ed un “dopo“.

La natura si era accanita contro l’Irpinia, scuotendola e cambiandola per sempre.

Quarant’anni dopo la terra piange ancora i suoi figli accarezzando quelle cicatrici indelebili, nell’animo e nel fisico.
Quel bambino, che oggi è un adulto, ha ben impresso il momento in cui lo divenne: alle 19:34 del 23 novembre 1980.

Nato ad Avellino nel maggio '95 è un giornalista, attivista antimafia e talvolta scrittore un po' troppo malinconico. Grande appassionato di sport, divoratore di libri e ascoltatore incallito dei Pearl Jam.

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