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Costume

Vincenzo Attolini, cinquant’anni senza il genio della sartoria napoletana

La magica forbice che permise il passaggio da un uomo che spesso vestiva bene per convenienze sociali ad uno che vestendosi si divertiva

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Sartoria tessuto
foto: pixnio.com

Da sempre Napoli è stata capitale del buon gusto e del bel vestire. Fino agli anni ’30 del secolo scorso, quella che faceva da padrone era la moda inglese, caratterizzata da giacche rigide piene di canvas ed imbottiture che le rendevano simili ad armature.

Nei primi anni ’30 del Novecento un giovane sarto, destinato a divenire il più grande della sua generazione e di quelle future, si impone sul mondo sartoriale rivoluzionandone le regole. Il suo nome era Vincenzo Attolini (1901-1971) che, spinto dalla sua genialità, ridisegnò il concetto di vestire, inventando quella che per i suoi contemporanei era qualcosa da vituperare per poi divenire paradigma indiscusso di eleganza e raffinatezza: la giacca napoletana.

È a lui che si deve la giacca morbida, destrutturata con pochi interni e tante altre invenzioni come le tasche applicate col classico profilo “a pignatiello“, il taschino in petto a barchetta, lo “scollo a martiello” in geometria con i rever, la giacca che “zompa arreto” (più corta dietro), il tre bottoni strappato a due e ancora la manica “a mappina”, ovvero quella manica dall’aria vissuta che non disdegna le pieghe all’attaccatura e che conferisce agilità di movimento. La magica forbice di Attolini permise così il passaggio da un uomo che spesso vestiva bene per convenienze sociali ad uno che vestendosi si divertiva.

Il genio del nostro fu colto subito da un giovane collezionista di oggetti d’arte che da poco aveva fondato la prima sartoria laica della storia; il giovane si chiamava Gennaro Rubinacci da tutti conosciuto come Bebè e la sartoria la London House in cui Vincenzo fu primo tagliatore governando, lui giovanissimo, eserciti di sarti più anziani.

Il gusto di Rubinacci e l’arte di Attolini si imposero così prima in tutta Napoli e poi in tutta Italia attirando clienti come Vittorio De Sica,  Curzio Malaparte, Totò, i fratelli De Filippo e perfino il Principe Umberto di Savoia. Vincenzo non fu solo primo tagliatore presso la sartoria di Rubinacci alla quale diede lustro garantendo con la sua presenza fama ed una smisurata impennata della clientela, ma aveva anche un suo laboratorio indipendente sito presso la sua abitazione al Corso Vittorio Emanuele in un primo momento e poi presso le Rampe di Brancaccio per poi spostarsi a  Vico Vetriera 12.  Dei suoi sei figli Claudio, Tullio e Cesare seguirono le sue orme diventando anche loro ottimi artigiani.

Il 5/5/1971 il “re dei sarti”, come lo chiamava lo scrittore La Capria, lasciò questo mondo e per questo a cinquant’anni dalla sua dipartita ci è sembrato cosa giusta rendergli un breve omaggio.

Gerardo Considerato

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