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Politica

Referendum sulla giustizia: il 12 giugno saranno in 51 milioni alle urne

Cinque i quesiti di questo referendum abrogativo, tanto tecnico quanto importante

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Urna elettorale

Il 12 giugno 51 milioni di cittadin3 saranno chiamati alle urne per esprimere il proprio giudizio su cinque quesiti referendari abrogativi. Cerchiamo di comprendere in cosa consistono i cinque quesiti, come si vota e quali sono le ragioni dei sì e dei no: tutto ciò che c’è da sapere sul referendum sulla giustizia del 2022.

Referendum giustizia 2022, quando e come si vota: data e orari

Quando e come si vota. Le urne saranno aperte, anche per le amministrative, domenica 12 giugno dalle ore 7 alle ore 23. Si tratta di cinque quesiti referendari abrogativi. Pertanto, bisogna apporre una crocetta sul “Sì” se si acconsente ad abrogare (cioè eliminare) quanto espresso nel quesito e apporre invece una crocetta sul “No” se non si acconsente all’abrogazione della materia del quesito.

Referendum giustizia 2022, il quesito numero 1 sulla legge Severino

Referendum numero 1. Abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi.
Il quesito si riferisce alla legge Severino, che prende il nome dall’ex ministra della Giustizia e che prevede la decadenza automatica di sindaci, amministratori locali, parlamentari, rappresentanti di governo e consiglieri regionali, in caso di condanna. Per coloro che sono in carica in un ente territoriale basta anche una condanna in primo grado non definitiva per procedere con la decadenza automatica.

Le ragioni del sì. Con il sì, il decreto legislativo sopracitato sarebbe abrogato. In questo modo, starebbe ai giudici la facoltà di decidere, in caso di condanna, se procedere con l’interdizione dei pubblici uffici. Inoltre, le persone condannate per reati non colposi potranno rientrare sulla scena politica, nel caso di vittoria del sì. Il comitato del sì, tra cui il presidente dei Radicali italiani Igor Boni, si appella al garantismo su cui si fonderebbe la nostra costituzione. Boni riprende le parole dell’Avvocato Gian Domenico Caiazza, Presidente dell’Unione delle Camere Penali: “le norme della legge Severino che incidono sul diritto di elettorato passivo già solo in presenza di una sentenza di condanna non definitiva ci appaiono insanabilmente in contrasto con il principio costituzionale di non colpevolezza, e merita dunque il nostro sostegno l’intento di abrogarle” (RaiNews).

Le ragioni del no. Con il no, il decreto legislativo non sarebbe abrogato e la legge Severino rimarrebbe intatta. In un’intervista al ildubbio.news, la senatrice e responsabile di giustizia del Partito Democratico ha riassunto così le sue ragioni per il no: “Con il quesito referendario si cancellerebbe tutta la normativa in materia di incandidabilità, per cui anche i condannati per gravi reati con sentenza irrevocabile potrebbero candidarsi ed essere eletti. E non è accettabile. Non dobbiamo dimenticare che questa legge rappresenta una tutela avanzata della legalità e del principio di onorabilità sancito dall’articolo 54 della Costituzione […] Tra l’altro vorrei ricordare che la stessa legge Severino prevede che con la riabilitazione viene meno l’incandidabilità”.

Colore della scheda. Il colore della scheda del primo quesito è il rosso.

Cosa dice il quesito numero 2: perché votare sì, perché votare no

Referendum numero 2. Limitazione delle misure cautelari: abrogazione dell’ultimo inciso dell’art.274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale.
Il quesito referendario numero 2 si riferisce all’articolo 274 del codice di procedura penale, riguardante la custodia cautelare. Il quesito prevede una limitazione nell’applicazione della custodia cautelare.

Ragioni del sì. Nel caso di vittoria del sì, non si potrebbe più procedere all’incarcerazione preventiva solo nel caso di pericolo di reiterazione del reato. Stando al Partito Radicale, uno dei promotori del Referendum insieme alla Lega, “la custodia cautelare è una misura coercitiva con la quale un indagato viene privato della propria libertà nonostante non sia stato ancora riconosciuto colpevole di alcun reato”.

Ragioni del no. Franco Mirabelli, senatore del Partito Democratico, trova che il quesito referendario “metta a repentaglio una norma che serve a tutelare le vittime e la sicurezza pubblica. Si tratta di reati come stalking, truffe agli anziani, spaccio, anche quando gli accusati vengono colti in flagranza di reato verrebbero rimessi in libertà senza nessuna restrizione a tutela della sicurezza pubblica”. Nel caso di vittoria del no, la legge 274 resterebbe invariata.

Colore della scheda. Il colore della scheda del secondo quesito è l’arancione.

Terzo quesito referendum giustizia 2022: ragioni del sì e ragioni del no

Referendum numero 3. Separazione delle funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati.
Il quesito si sofferma sulla separazione delle carriere di giudice e di pubblico ministero, laddove la prima figura riveste la funzione giudicante e la seconda riveste la funzione accusatoria e requisitoria. Si chiede, in sostanza, di impedire a un giudice di passare a una carriera di pubblico ministero e viceversa. Il quesito inoltre chiede che i magistrati decidano all’inizio della loro carriera quale strada intraprendere, se quella di giudice o di PM.

Ragioni del sì. La vittoria del sì porterebbe a una separazione definitiva delle due carriere. Stando sempre al Partito Radicale, “questa contiguità tra il pubblico ministero e il giudice contraddice l’idea che l’attività della parte che accusa (PM) debba restare distinta da quella di chi giudica. Essa crea uno spirito corporativo tra le due figure e compromette un sano e fisiologico antagonismo tra poteri, vero presidio di efficienza e di equilibrio del sistema democratico. Nelle grandi democrazie i PM hanno carriere nettamente separate da quelle dei giudici”.

Ragioni del no. Il prof. Giovanni Verde, Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ha scritto che un “divieto di passaggio dall’una all’altra funzione” sarebbe “di assai dubbia costituzionalità. La Costituzione ha destinato giudici e p.m. a vivere insieme. Se ritenessimo che non fu una scelta felice, dovremmo intervenire sulla Costituzione ed espungere i pubblici ministeri dall’ordine giudiziario”. L’ex magistrato e giurista italiano Armando Spataro scrive in merito alla questione: “Con il referendum si vuole escludere ogni possibilità di cambio di funzione […] e si ignora pure il valore tutelato dalla Costituzione (che non prevede la separazione delle carriere) e quello della necessità di un’omogenea “cultura giurisdizionale” che deve accomunare p.m. e giudici”.

Colore della scheda. Il colore della scheda del terzo quesito è il giallo.

Il quarto quesito su cui gli italiani sono chiamati a votare

Referendum n.4. Partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte.
Il quesito numero 4 chiede l’abolizione del decreto legislativo 27 gennaio 2006, che impedisce a membri laici come avvocati e professori universitari di esprimere una propria valutazione sui magistrati. Si chiede, quindi, se si vuole che l’operato del magistrato sia valutato dai membri di Consiglio direttivo della Cassazione e da quelli laici dei consigli giudiziari.

Ragioni del sì. Il Partito Radicale si esprime in questo modo in merito al quesito referendario: “Questa componente laica è esclusa dalle discussioni e dalle votazioni che attengono alle competenze dei magistrati, limitata al ruolo di “spettatore”. Solo i magistrati, dunque, hanno oggi il compito di giudicare gli altri magistrati. Una condizione che è addirittura in contrasto con lo spirito della Costituzione, che ha voluto che nel CSM vi fosse una componente non togata con eguali poteri dei componenti magistrati”.

Ragioni del no. Coloro che sono contrari credono che i magistrati non dovrebbero essere giudicati da membri esterni, specie dagli avvocati. Il giudizio degli avvocati potrebbe essere viziato da ragioni di contrasto professionale. Questo potrebbe creare problemi anche in un processo in cui entrambi siano coinvolti (Domani editoriale).

Colore della scheda. Il colore della scheda è il grigio.

Referendum giustizia 2022, il quinto e ultimo quesito

Referendum n. 5. Abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura.
Il quesito si riferisce alla Legge 24 marzo 1958, n. 195 che riguarda le norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura. Il Consiglio superiore della Magistratura è l’organo di autogoverno dei magistrati. Un magistrato che voglia candidarsi a far parte del Consiglio deve raccogliere tra le 25 e le 50 firme prima di procedere con la candidatura.

Ragioni del sì. La vittoria del sì comporterebbe l’abrogazione dell’obbligo di raccolta firme da parte del candidato. Per i promotori del referendum, l’attuale obbligo impone a coloro che si vogliano candidare di ottenere il beneplacito delle correnti o, il più delle volte, di essere ad esse iscritti. Con il sì, tutti i magistrati in servizio potrebbero proporsi come membri del CSM presentando semplicemente la propria candidatura.

Ragioni del no. Secondo i detrattori del referendum, il quesito è inutile e fazioso. La questione sulla riforma del CSM è stata già approvata dalla Camera e arriverà in Senato il 14 giugno. In ogni caso, dunque, la legge rivedrebbe l’intero sistema di elezione del CSM.

Colore della scheda. Il colore della scheda è il verde.

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Nata a Nocera Inferiore il 3 dicembre 2000, è giornalista praticante presso ZetaNews. Diplomata al Liceo Classico "Marco Galdi" nel 2019, dallo stesso anno è studentessa di Lettere Classiche presso l’Università degli studi di Salerno. Appassionata di scrittura creativa, ha partecipato a diversi concorsi letterari: nel 2016 si è classificata terza al concorso “le parole sono ponti” e nel 2019 si è classificata seconda al Premio Badia di Cava De’ Tirreni. Ama i libri, l’arte e raccontare le ingiuste condizioni del patrimonio artistico della città in cui vive. “Figlia” del Pirandello giornalista, cerca di non fermarsi mai alla narrazione superficiale degli eventi. «E mentre il sociologo descrive la vita sociale qual essa risulta dalle osservazioni esterne, l’umorista armato del suo arguto intuito dimostra, rivela come le apparenze siano profondamente diverse dall’essere intimo della coscienza degli associati». (Pirandello, saggio sull’umorismo)

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