Cinema
Cinema in Festa: tre uscite imperdibili a soli 3,50 euro
Tre film da non perdere, approfittando di un prezzo del biglietto così ridotto
L’Italia festeggia il cinema con cinque giornate speciali ad ingresso ridotto: nei cinema aderenti, il biglietto costerà solo 3 euro e 50. L’iniziativa è stata voluta da Anica e Anec con il supporto del MiC e la collaborazione del David di Donatello – Accademia del Cinema Italiano sul modello della “Fête du Cinema” francese, e abbraccia il periodo dalla domenica – per eccellenza il giorno delle famiglie al cinema – fino al giovedì, ovvero l’inizio della nuova settimana di uscite cinematografiche.
Il periodo successivo alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia è sempre ricco di uscite di qualità, ma anche al di fuori del festival si nascondono delle chicche da non perdere.
L’immensità
Emanuele Crialese conquista Venezia con una storia intima, che svela fragilità personali delle quali è importantissimo parlare attraverso l’arte. Il film è stato candidato sia al Leone d’Oro che al Queer Lion, il premio per la cinematografia Lgbtq+, giunto quest’anno alla sua sedicesima assegnazione.
Il film racconta la storia di Andrea, che a dodici anni inizia ad avvertire le prime avvisaglie della sua reale identità di genere e sceglie questo nome, rifiutando quello anagrafico. Sullo sfondo, il crollo del matrimonio in apparenza perfetto dei genitori – Clara (Penelope Cruz) e Felice (Vincenzo Amato) cercano di rimettere insieme i cocci ricominciando una nuova vita in periferia, dove Clara compensa le tensioni di coppia dedicandosi completamente ai tre figli. Il rapporto con Andrea, però, si fa burrascoso quando il ragazzo inizia a reclamare con forza la sua identità in un momento storico in cui i diritti Lgbtq erano praticamente inesistenti in Italia: la storia, infatti, è ambientata nella Roma caotica e vibrante degli anni Settanta, centro di una rivoluzione che esploderà soltanto alla fine del decennio, e poi nell’83 con la prima legge italiana che permetteva il cambio nome all’anagrafe a seguito di transizione medica.
Tra i fili conduttori del film c’è la musica, che costituisce un punto d’incontro tra madre e figlio in un momento in cui non c’è ancora un linguaggio per comunicare i propri bisogni – alle parole sterili si sostituiscono quindi le note di Raffaella Carrà e Adriano Celentano, che aiutano a chiudere fuori dolori che nessuno dei protagonisti riesce a raccontare ed esprimere pienamente.
Nido di Vipere
Conosciuto col titolo internazionale di “Beasts Clawing at Straws”, il film è un secondo debutto alla regia per Kim Yong-Hoon, che nel 2013 aveva diretto il documentario “Sympathy – Three Guys who Went to South America”.
La storia segue le vicende di un umile inserviente di un hotel, che una notte trova una borsa piena di soldi che nessuno reclama e decide di prenderla per potersi finalmente permettere di pagare l’università alla figlia e le cure della madre malata. Il film narra in ordine non cronologico le vicende che hanno portato la borsa nell’armadietto dove viene ritrovata: un giro di vite in cui s’intrecciano un doganiere indebitato, uno strozzino con un senso dell’umorismo macabro, una scaltra truffatrice, una escort vittima di violenza domestica e un immigrato clandestino. Tutti vogliono qualcosa, tutti restano incastrati in un loop di sotterfugi, tradimenti, speranze spazzate via e superstizioni che non servono a nulla.
Il grande punto di forza del film è il ritmo narrativo atipico, volto a giocare efficacemente con la mente dello spettatore, che deve tener conto di ogni dettaglio che va ad incastrarsi con i precedenti e i successivi in una corsa a perdifiato verso un bottino che passa di mano in mano senza che chi lo riceve abbia il tempo di tirare un sospiro di sollievo.
L’azione del film si svolge prevalentemente di notte, che è il momento del giorno in cui le “bestie” salgono in superficie dal sottosuolo. Ma chi sono, in realtà, queste bestie? Persone vittime di violenza, persone ricattate, persone a cui il sistema sbarra la strada per potersi far strada nella società. I soldi costituiscono l’unica fonte di emancipazione, e allo stesso tempo sono la causa della caduta dalla grazia dei personaggi.
“Nido di vipere” è una storia che parla soprattutto di caos, ma lo fa con una perizia tale da far rientrare i tasselli al posto giusto.
Il signore delle formiche
Vincitore del Premio Brian a Venezia 79, questo film è tra i titoli più attesi del post-festival. Tredicesimo lungometraggio del regista, reduce dalla ricezione mista di “Hammamet” all’inizio del 2020, segue la vicenda giudiziaria di Aldo Braibanti, protagonista tra il 1964 e il 1968 del famigerato “caso Braibanti”.
Un processo, quello ai danni di Braibanti, che incarna la violenza omofoba dell’epoca e la paura del comunismo come fonte di corruzione dei giovani – Braibanti viene accusato di plagio, cioè di aver sottomesso alla propria volontà alcuni giovani, pur maggiorenni, in senso fisico e psicologico. Tale reato, però, era stato introdotto in epoca fascista e mai applicato prima del caso Braibanti; si comincia dunque a far strada l’idea che il processo non sia a tutela dei giovani, ma una persecuzione politica e personale contro Braibanti.
Il film cerca di ripercorrere con esattezza le fasi del processo, con più di una licenza stilistica da parte del regista: tra tutte spicca il personaggio di un giornalista, interpretato da Elio Germano e mai esistito, rappresenta chi a posteriori ha voluto far emergere la verità sul caso e restituire dignità alla figura dell’artista.