Calcio
Bari-Lecce 2011, la sentenza: “I tifosi frodati da un evento non leale”
La Corte d’Appello si pronuncia sul famoso derby combinato: “I sostenitori delle due squadre sono stati pregiudicati nel diritto alla fruizione di un evento sportivo”
Si torna a parlare di calcioscommesse, si torna a parlare di partite incriminate. Una di queste, probabilmente la più clamorosa di tutte, è senza dubbio Bari-Lecce del 2011. Dopo sette anni la Corte d’Appello si è pronunciata sulle motivazioni della condanna per due tra i massimi dirigenti salentini.
Parliamo infatti dell’ex presidente del Lecce Pierandrea Semeraro e dell’imprenditore Carlo Quarta. Per loro un anno e sei mesi di reclusione per frode sportiva, sentenza inflitta in primo grado e poi confermata lo scorso novembre dal Tribunale di Bari.
I due, secondo le indagini del pm, comprarono la partita per 300mila euro; tuttavia, non tutta la somma venne consegnata. Ad Andrea Masiello, ancora “a piede libero” e difensore di spicco nell’Atalanta, una somma pari a circa 200mila euro. Il centrale nerazzurro ha patteggiato 22 mesi per questa e altre partite truccate.
Bari-Lecce 2011, la Corte d’Appello parla dei tifosi
Nel rapporto della Corte d’Appello si legge a chiare lettere come i sostenitori di ambedue le formazioni, che di fatto assistettero a una farsa, sono stati indubbiamente frodati da quanto visto sul campo. Così è scritto: “Innegabile che il Semeraro abbia avuto un interesse economico. I tifosi, invece, sono stati pregiudicati nel diritto alla fruizione di un evento sportivo con caratteristiche del tutto diverse da quelle che hanno invece condizionato la partita, non immune da frodi e non ispirata ai valori di lealtà e onestà“.