Cinema
“Benvenuto in Germania!”: immigrazione e pregiudizi nel film satirico tedesco
Un quesito semplice che potrebbe riguardare noi tutti, alla base della produzione: saremmo disposti ad accogliere in casa nostra un rifugiato?
Il cinema, come mezzo sociale e morale, dà il proprio contributo sull’argomento dell’immigrazione. Lo scorso maggio è uscita la pellicola “Benvenuto in Germania!”, la commedia campione d’incassi del regista tedesco Simon Verhoeven.
Nel cast troviamo: Senta Berger (vecchia conoscenza delle pellicole italiane), Heiner Lauterbach, Florian David Fitz, Palina Rojinski, Elyas M’Barek, Uwe Ochsenknecht, Ulrike Kriener, Eric Kabongo, Marinus Hohmann, Eisi Gulp. Un quesito semplice che potrebbe riguardare noi tutti, alla base della produzione: saremmo disposti ad accogliere in casa nostra un rifugiato?
La famiglia borghese degli Hartmann, residente a Monaco di Baviera, nonostante lo scetticismo del capofamiglia, ospita in casa Diallo, un richiedente asilo proveniente dalla Nigeria, terra insanguinata dal gruppo terroristico Boko Haram.
Il medico Richard, marito della docente in pensione Angelika, è nettamente contrario alla presenza dello ‘straniero’ tra le mura domestiche, cosi come il figlio avvocato Philip, quest’ultimo troppo preso dagli affari, a tal punto da snobbare suo figlio 12enne.
Invece, l’altra figlia, la romantica Sophie vede di buon grado la vicenda, giudicandola come un modo per conoscersi, superare pregiudizi e costruire insieme una società più aperta e inclusiva.
Con l’arrivo del giovane africano, le relazioni familiari saranno turbate, ma sostanzialmente tutti beneficeranno della sua presenza, umanamente e psicologicamente, al fine di recuperare stabilità, fiducia e serenità.
Tanti i pregiudizi e i clichè che il film ha snocciolato e cercato di azzerare.
Rappresentati al meglio anche i fanatici ultranazionalisti, in protesta dinanzi la residenza privata, giacchè preoccupati per l’identità tedesca a rischio (storie di tutti i giorni).
Lì dove c’è la ‘banalità dell’ignoranza’, si annida il virus della paura e dell’odio, contornato da quell’ipocrisia radical-chic, ampiamente supportata dai devianti mezzi di comunicazione (social in primis).
Quando in famiglia aumenta il dialogo e la conoscenza, calano le diffidenze e, come si vede nella commedia, Diallo diviene un’opportunità, un collante per gli Hartmann.
Con leggerezza si affrontano argomenti attualissimi, che, pur dividendo la popolazione, ci fanno riflettere su quelle percezioni, spesso errate, che ci rendono vittime e prigionieri dei nostri pregiudizi, portandoci a beceri comportamenti di chiusura.