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Coronavirus: la violazione dell’obbligo di quarantena è reato
La violazione di tale obbligo può portare addirittura all’arresto di chi incorre nella violazione che mette a rischio la salute della comunità
Il ministero della Salute, con ordinanza del 21 febbraio, ha stabilito la quarantena obbligatoria in isolamento per chiunque abbia avuto contatti con un caso risultato positivo al Coronavirus.
Si tratta di un provvedimento adottato per ragioni d’ «igiene e sicurezza pubblica» la cui violazione, è punibile ai sensi dell’articolo 650 del codice penale, che prevede l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a duecentosei euro.
L’obbligo di quarantena nell’ordinanza
Dal testo dell’Ordinanza, si legge che «È fatto obbligo alle Autorità sanitarie territorialmente competenti di applicare la misura della quarantena con sorveglianza attiva, per giorni quattordici, agli individui che abbiano avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva COVID-19».
Inoltre: «È fatto obbligo a tutti gli individui che, negli ultimi quattordici giorni, abbiano fatto ingresso in Italia dopo aver soggiornato nelle aree della Cina interessate dall’epidemia, come identificate dall’Organizzazione mondiale della sanità, di comunicare tale circostanza al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria territorialmente competente».
Pertanto «l’Autorità sanitaria territorialmente competente provvederà all’adozione della misura della permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva ovvero, in presenza di condizioni ostative, di misure alternative di efficacia equivalente». In questo caso chi è tornato dalla Cina nelle ultime due settimane dovrà mettersi in auto-quarantena a casa, segnalando il suo caso alla Asl competente.
Violazione dell’obbligo di quarantena: conseguenze penali
La violazione dell’Ordinanza è punibile ai sensi dell’articolo 650 del codice penale secondo cui: «Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro».
Il reato di cui all’articolo 650, non va confuso con il reato di epidemia, di cui all’articolo 438 del codice penale, che punisce con l’ergastolo: “chiunque cagiona un’epidemia”. In questo caso, i presupposti sono diversi e molteplici: oltre al dolo, ossia la sussistenza dell’intenzione volontaria di trasmettere ad altri il virus, la Cassazione, con la sentenza n. 48014/2019, ha stabilito che il numero delle persone contagiate, in un arco temporale limitato, deve essere ingente.