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Papa Francesco, le emozionanti parole del pontefice: “Siamo fatti per sognare in grande”
Le toccanti parole del pontefice nell’Angelus di questa mattina: “Non rinunciamo ai grandi sogni. Non accontentiamoci del dovuto”
“Il Signore non vuole che restringiamo gli orizzonti, non ci vuole parcheggiati ai lati della vita, ma in corsa verso traguardi alti, con gioia e con audacia. Siamo fatti per sognare in grande“. Le parole di Papa Francesco hanno riscaldato i cuori dei fedeli – e non solo – nell’Angelus di questa domenica 22 novembre. Nella mattinata di oggi il pontefice ha tenuto un’omelia davvero emozionante. Ecco il testo e il video del discorso di Papa Francesco.
Discorso di Papa Francesco di oggi, le emozionanti parole del pontefice
Il discorso di Papa Francesco di oggi ha emozionato tutti coloro i quali hanno avuto il piacere di ascoltarlo. Parole davvero molto belle, quelle pronunciate dal pontefice, che hanno dato una grande speranza a quanti sono riuscite a captare il messaggio di Bergoglio. Che, come spesso accade, è valido non solo per i cattolici, ma più in generale per tutti noi.
Particolarmente bella la parte dedicata ai sogni: “Non rinunciamo ai grandi sogni. Non accontentiamoci del dovuto. Il Signore non vuole che restringiamo gli orizzonti, non ci vuole parcheggiati ai lati della vita, ma in corsa verso traguardi alti, con gioia e con audacia. Non siamo fatti per sognare le vacanze o il fine settimana, ma per realizzare i sogni di Dio in questo mondo. Egli ci ha reso capaci di sognare per abbracciare la bellezza della vita. E le opere di misericordia sono le opere più belle della vita. Ai giovani: vivere, non vivacchiare”.
Discorso di Papa Francesco di oggi, il testo completo dell’omelia del 22 novembre
Questo il testo completo dell’omelia di Papa Francesco di oggi, domenica 22 novembre, tratto da PapaBoys.org:
“Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi celebriamo la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo, con la quale si chiude l’anno liturgico, – la grande parabola in cui si dispiega il mistero di Cristo. Egli è l’Alfa e l’Omega, l’inizio e il compimento della storia; e la liturgia odierna si concentra sull’ “omega”, cioè sul traguardo finale.
Il senso della storia lo si capisce tenendo davanti agli occhi il suo culmine: la fine è anche il fine. Ed è proprio questo che fa Matteo, nel Vangelo di questa domenica (25,31-46), ponendo il discorso di Gesù sul giudizio universale all’epilogo della sua vita terrena:
Lui, che gli uomini stanno per condannare, è in realtà il supremo giudice.
Nella sua morte e risurrezione, Gesù si mostrerà il Signore della storia, il Re dell’universo, il Giudice di tutti. Ma il paradosso cristiano è che il Giudice non riveste una regalità temibile, ma è un pastore pieno di mitezza e di misericordia. Gesù, infatti, in questa parabola del giudizio finale, si serve dell’immagine del pastore, richiamando le profezie di Ezechiele, il quale aveva parlato dell’intervento di Dio in favore del popolo, contro i cattivi pastori d’Israele (cfr. 34,1-10).
Questi erano stati crudeli e sfruttatori, preferendo pascere sé stessi piuttosto che il gregge; pertanto Dio stesso promette di prendersi cura personalmente del suo gregge, difendendolo dalle ingiustizie e dai soprusi. Questa promessa di Dio per il suo popolo si è realizzata pienamente in Gesù Cristo, il Buon Pastore, che dice di sé: «Io sono il buon pastore» (Cv 10, 11.14). Nella pagina evangelica di oggi, Gesù si identifica non solo col re-pastore, ma anche con le pecore perdute, cioè con i fratelli più piccoli e bisognosi. E indica così il criterio del giudizio: esso sarà preso in base all’amore concreto dato o negato a queste persone, perché Lui stesso, il giudice, è presente in ciascuna di esse. Dice Gesù: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto (o non avete fatto) a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete (o non l’avete) fatto a me» (vi. 40.45). Saremo giudicati sull’amore. Non sul sentimento, no: sulle opere, sulla compassione che si fa vicinanza e aiuto premuroso.
Dunque, il Signore, alla fine del mondo, passerà in rassegna il suo gregge, e lo farà non solo dalla parte del pastore, ma anche dalla parte delle pecore, con le quali Lui si è identificato. E ci chiederà: “Sei stato un po’ pastore come me?”.
Chiediamo alla Vergine Maria di insegnarci a regnare nel servire. La Madonna, assunta in Cielo, ha ricevuto dal suo Figlio la corona regale, perché lo ha seguito fedelmente nella via dell’Amore. Impariamo da lei a entrare fin da ora nel Regno di Dio, attraverso la porta del servizio umile e generoso.