Cronaca
Il Decreto CuraItalia non si cura particolarmente degli universitari
La didattica a distanza è una toppa, perché spendiamo e investiamo meno degli altri sull’istruzione. Un sistema elitario, mutilato da troppi tagli
La diffusione del Covid-19 ha piegato in due l’Italia, svelando anni di tagli alla sanità e all’istruzione. L’emergenza sanitaria ha congelato la nazione, creando una crisi che ha coinvolto e coinvolge la maggior parte delle famiglie italiane. Con il decreto CuraItalia si cerca di risollevare economicamente il paese, in attesa di una ripresa economica che tarda ad arrivare. Eppure, il governo sembra essersi dimenticato degli universitari, che sono il futuro di quelle famiglie che oggi si trovano in grande difficoltà economica.
Didattica a distanza. Si cerca di attenuare il problema con l’adozione della DaD (didattica a distanza), ma può questa sostituire un intero sistema fatto di lezioni frontali, laboratori, biblioteche, esami scritti e orali, confronti con professori e colleghi? Certo, la situazione richiede questo tipo di didattica, ma ciò non basta. Ci sono altri fattori da tenere in conto.
Alcuni potrebbero definire infatti questo sistema elitario, perché non tiene conto di chi non può accedervi. Il rapporto Auditel-Censis pubblicato nel 2018 evidenzia come una connessione ad Internet, indispensabile per questo tipo di didattica, sia presente solo in 8 case italiane su 10. L’82,2% delle famiglie italiane possiede un collegamento ad internet e quasi la metà di queste (49,6%) utilizza una connessione definibile a banda larga.
Tasse universitarie. Il decreto CuraItalia prevede il rinvio delle tasse universitarie primaverili. Quindi, il termine ultimo per il pagamento delle suddette è stato rinviato di qualche mese. Tuttavia, abbiamo sotto mano la fotografia di un’Italia distrutta economicamente, che ripartirà con gradualità soltanto dal 4 maggio di quest’anno.
Nel 2017 l’Italia ha investito nell’istruzione pubblica il 7,9% della sua spesa pubblica totale. È l’ultimo Stato Europeo in graduatoria. Sempre nello stesso anno, l’Italia ha speso il 3,8% in istruzione pubblica. Ricapitolando, l’Italia spende e investe meno degli altri stati europei nell’istruzione. Di fatto, quindi, il peso di quest’ultima grava sulle spalle degli studenti e delle loro famiglie. In questo contesto straordinario e difficile si potrebbe, perciò, tener presente non solo il rinvio delle tasse universitarie primaverili, ma anche la diminuzione o l’abolizione di queste ultime.
La proposta di FGC. La petizione #EmergenzaUniversità di Fronte della Gioventù Comunista tiene conto di queste e altre problematiche, proponendo soluzioni che possano aiutare gli studenti in difficoltà e garantire il diritto allo studio. Questo il link per firmare la petizione!