Cronaca
Intervista a Luisa Impastato: “Peppino vive in chi mette al centro la vita e i suoi diritti”
In occasione dell’anniversario della morte del fondatore di Radio AUT abbiamo fatto quattro chiacchiere con la presidente de “La Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato”
“Se una storia non la racconti, finisce di esistere“, come quella di Peppino Impastato, che continua a vivere nella voce e sulle gambe di Luisa Impastato. Lei, che ha raccolto il testimone di sua nonna Felicia, con caparbietà, orgoglio e determinazione, porta avanti la memoria di suo zio, barbaramente ucciso dalla mafia ormai 44 anni fa.
In occasione dell’anniversario della morte del fondatore di Radio AUT, abbiamo avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con lei, custode di una memoria preziosa che, coniugata alla sua forte personalità e bravura, mette al servizio di tutti, rendendola un patrimonio da difendere.
Intervista a Luisa Impastato, presidente de “La Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato”
Com’è Cinisi in questi giorni?
“Persiste ancora un po’ di diffidenza nei confronti di Peppino e del nostro impegno con la Casa Memoria. Nonostante la freddezza che ancora si percepisce, i muri che sono stati abbattuti e i progressi fatti però, in questi 44 anni, sono tantissimi“.
Per ovvie ragioni anagrafiche, non hai avuto modo di conoscerlo ma, immagino, che attraverso i racconti di tua nonna, di tuo padre, della tua famiglia, è come se un po’ lo avessi vissuto. Se ti chiedessi di descrivermi chi è per te e che persona è stata Peppino, come lo descriveresti?
“Sono nata nove anni dopo la morte di Peppino, non l’ho vissuto, non l’ho conosciuto e quindi non ho vissuto sulla pelle quell’esperienza, che però ha travolto nello spazio e nel tempo tutto e tutti noi. Non ricordo quando mi è stato raccontato, sono cresciuta in questa storia e la sento anche mia. È stata mia nonna che mi ha fatto sviluppare questo forte senso d’orgoglio nei confronti di Peppino che mi ha portato a raccogliere il testimone e portare avanti la battaglia iniziata da lei“.
Avrai avuto modo di confrontarti con i giovani e nuove generazioni che magari non hanno mai conosciuto la storia di Peppino. Come far capire chi era?
“Ti posso dire che la storia di Peppino è un punto di riferimento per i giovani e questo mi rende incredibilmente orgogliosa. Basti pensare alle manifestazioni dove si intona la canzone dei “Cento Passi“, come se fosse un elemento di identità. Peppino con la sua storia, che è stata portata avanti da chi è rimasto e soprattutto da mia nonna Felicia, fa leva su chi, nonostante non abbia vissuto quegli anni, si identifica con lui. Era un ragazzo anche lui, è stato ucciso che aveva trent’anni e questo crea quella connessione con i più giovani“.
La figura di tua nonna Felicia è stata importante, se non fondamentale nella vita di Peppino, ma anche nella tua:
“Lei ha permesso alla storia di Peppino di diventare un punto di riferimento. Decide di denunciare gli assassini del figlio, Gaetano Badalamenti, e dedicare il resto della sua vita a difendere e diffondere la sua memoria. Interrompendo una tradizione mafiosa. Mia nonna era una donna del popolo, non credeva nelle stesse cose nelle quali credeva Peppino, ma nonostante questo riesce a portare avanti le sue battaglie e trasformare il dolore individuale in collettivo.
Era una donna e in quegli anni questa condizione la metteva necessariamente in una posizione di svantaggio da molti punti di vista. Doveva sottostare ad alcune regole che la vedevano subalterna, era figlia del suo tempo. Quando mio nonno cacciò fuori Peppino per dare un segnale a Badalamenti, lei si oppose vietando l’ingresso dei mafiosi in casa. Quindi, nonostante la sua condizione, è stata molto forte e determinata“.
Come è nata la “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato” della quale sei presidente?
“Dopo la morte di mia nonna, è stata concepita con lo scopo di dare continuità a questo impegno e lavoro di memoria, per l’appunto. È diventata, e lo dico con tanto orgoglio, un punto di riferimento e un luogo simbolo per la cultura antimafia, visitata da decine e decine di persone e studenti“.
Qual è, secondo te, la vera eredità di Peppino oggi?
“Credo che sia quella che raccoglie chi oggi si impegna e mette al centro di tutto la vita umana e la tutela dei suoi diritti. Peppino lottava contro la mafia, ma questa si inseriva in un percorso di militanza che metteva al centro i diritti umani, la giustizia sociale. La mafia era la violazione di quei diritti a lui più vicini, tanto che ce l’aveva in casa“.
Secondo te, oggi come procede la lotta alle mafie?
“Dal punto di vista sociale e civile sono stati fatti tanti passi avanti, parlare di mafia è più semplice, c’è maggiore sensibilità. Dal punto di vista del contrasto alle mafie, la magistratura ha dato una grossa spallata, a Cosa Nostra in particolare, ma le istituzioni possono e devono fare di più. Combattere la mafia oggi vuol dire creare condizioni sociali favorevoli, quando garantisci il diritto al lavoro, diritto a una vita dignitosa, togli terreno fertile alla criminalità. Oggi, nonostante un maggiore accesso all’informazione, la disinformazione è dilagante. Si confonde la libertà di informazione con la libertà di dire qualsiasi cosa“.