Attualità
Manovre speculative su merci, mascherine a prezzi gonfiati: cosa dice il codice penale?
Dispositivi medici a prezzo rialzato in occasione dell’epidemia. Ma quando si configura il reato che rientra nella fattispecie ex art. 501 bis c.p.? Tutto sta nel considerare un eventuale condizionamento del mercato interno
L’emergenza Coronavirus ha riaperto il dibattito su figure criminose da tempo dimenticate, tra cui il reato di “manovre speculative su merci”, sanzionato dall’art. 501 bis del codice penale.
L’emergenza ha prodotto infatti una serie di comportamenti, astrattamente riconducibili a fattispecie penalmente rilevanti, tra cui l’ingiustificato rincaro dei prezzi di alcune merci, improvvisamente divenute di primaria importanza, sia per l’indispensabilità che per la loro difficoltà di approvvigionamento.
La norma tutela la pubblica economia e punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 516 a euro 25.822, colui che “nell’esercizio di qualsiasi attività produttiva o commerciale compie manovre speculative (…) su prodotti di prima necessità, in modo atto a determinarne (…) il rincaro sul mercato interno”
Mascherine vendute a prezzi gonfiati, quando ciò rientra nella fattispecie ex art. 501 bis c.p.?
Il Tribunale di Salerno con ordinanza del 2 aprile 2020 ha convalidato un sequestro di 240 mascherine poste in vendita a un prezzo maggiorato di oltre il triplo, ritenendo configurabile il reato di cui all’art. 501 bis c.p., sulla base delle seguenti considerazioni:
– rincaro sproporzionato, qualificabile come manovra speculativa;
– assimilabilità delle mascherine a beni di prima necessità;
– idoneità della condotta del singolo imprenditore a condizionare il mercato interno, seppur in un’area territorialmente limitata.
Il giudice ha assimilato la vendita delle mascherine a prezzo gonfiato alle “manovre speculative”, intendendo per tali quelle particolari modalità di attività imprenditoriali, che oltrepassino i canoni di correttezza, distorsive della concorrenza. L’aumento ingiustificato ed estremamente sostenuto del prezzo del bene, al di fuori di ogni logica commerciale, integra pertanto la nozione di manovra speculativa.
Quanto alle mascherine, rientrano tra i “prodotti di prima necessità”, in quanto l’art. 15 del D. L. 17.03.2020, n. 18 ha autorizzato produzione, importazione e commercializzazione delle stesse in deroga alle vigenti disposizioni per consentire il necessario approvvigionamento di un fondamentale presidio per la prevenzione del contagio.
Ciò non esclude però che occorre verificare caso per caso se la manovra speculativa posta in essere si sia concretizzata mediante modalità idonee a comportare il “rincaro sul mercato interno”. Laddove per “mercato interno” deve necessariamente intendersi una porzione di territorio sufficientemente estesa, la quale, pur non coprendo l’intero territorio nazionale, interessi significative aree, suscettibili di incidere sull’intero mercato. Inoltre occorre tenere presente fattori come il quantitativo dei prodotti messi in vendita, le modalità diffusive, le caratteristiche di tempo e di spazio.
Il rincaro del costo delle mascherine può condizionare l’intero mercato interno?
La Corte di Cassazione ha specificato che “il pericolo della realizzazione degli eventi dannosi deve riguardare una zona abbastanza ampia del territorio dello Stato, in modo da poter nuocere alla pubblica economia”, pertanto, singoli comportamenti attuati da singoli imprenditori, in determinate zone del Paese non sembrerebbero sufficienti a configurare il reato di cui all’art. 501 bis. c.p.
È evidente che l’art. 501 bis c.p. risulta lontano dalle dinamiche commerciali più moderne, soprattutto se si tiene conto delle potenzialità dell’e-commerce e della nozione moderna di mercato globale, sempre meno riconducibile ad un ristretto spazio fisico.
In parole semplici, l’offerta al pubblico di mascherine a prezzi esorbitanti non è in grado di alimentare un circolo vizioso in una porzione del territorio considerevole, in quanto sia la fase dell’approvvigionamento che della vendita, si sviluppano mediante molteplici strade, non sempre suscettibili di influenzare importanti fette di territorio.
Resta però la natura moralmente illecita di tali comportamenti, profondamente deprecabili nella situazione emergenziale esistente.