Cronaca
Molestie sessuali nelle università italiane: dati e misure di prevenzione
Un argomento davvero spinoso, sul quale le ricerche sono diverse e le misure preventive mai troppe
Il Parlamento italiano ha autorizzato la ratifica della Convenzione OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sulla violenza e la molestie nel mondo del lavoro, con la Legge 15 Gennaio 2021 n.4. La Convenzione fornisce una definizione estesa di violenze e molestie, applicabile anche alle università italiane.
Cosa dice la legge in tal senso: la normativa e la ricerca Istat
All’articolo 1 si legge: “l’insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili, o la minaccia di porli in essere, sia in un’unica occasione, sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico, includendo la violenza e le molestie di genere”. La ricerca Istat “Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro, Anni 2015-2016” ha stimato che il 43,8% delle donne in Italia dai 14 ai 65 anni ha subito qualche tipo di molestia sessuale nel corso della vita. L’indagine ha inoltre evidenziato che anche il 18,8% degli uomini ha subito molestie sessuali.
Molestie sessuali nelle università, le ricerche condotte sull’argomento
Le molestie sessuali sono frequenti anche in ambito universitario. I dati disponibili a riguardo sono però miseri. In una ricerca universitaria condotta dalla Professoressa Patrizia Romito, dal titolo: “Molestie sessuali: che fare? Una ricerca promossa dal CUG dell’Università di Trieste” si legge: “in una ricerca svolta in Italia mediante un questionario anonimo rivolto a più di 600 studentesse universitarie è stato rilevato come una ragazza su tre abbia sentito la pressione “a essere carina” all’esame per ottenere un voto migliore; il 5% riporta allusioni di carattere sessuale in sede di esame e il 3% afferma di aver subito un ricatto sessuale da parte di un docente”, dati presi a loro volta da una ricerca condotta nel 2004 da Santinello e Vieno.
Nel 2019, il progetto di ricerca dell’Università di Perugia condotto dalla Professoressa Silvia Fornari ci fornisce dati poco rassicuranti: il 21% delle studentesse dell’ateneo comunica di aver subito una violenza di genere. Il 12%, invece, risponde di non saperlo.
Se il primo dato emerso da questa ricerca è preoccupante, il secondo lo è di più. Quest’ultimo infatti riguarda non solo la sottostima che si fa del fenomeno (e che si riflette poi anche sui singoli casi) ma anche la poca conoscenza dello stesso, che deriva da una narrazione stereotipata e sbagliata della violenza di genere e delle molestie sessuali.
Molestie sessuali nelle università, che cos’è il Comitato Unico di Garanzia
Tra le misure di prevenzione delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro o di studio c’è il CUG, Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, reso obbligatorio solo nel 2010 per le pubbliche amministrazioni, ivi comprese le università. Figura importante del CUG è il Consigliere di Fiducia, un membro esterno all’Ateneo scelto dal CUG stesso.
Il Consigliere di Fiducia è una parte imparziale deputata a raccogliere materiale e informazioni riguardo a presunti casi di molestie, mobbing e discriminazioni, attenendosi al Codice di Comportamento per la prevenzione delle molestie in luoghi di lavoro e di studio, laddove questo sia presente.
Da un’inchiesta recente delle giornaliste Antonella De Gregorio, Elisabetta Rosaspina, Elvira Serra, Francesca Visentin per il blog “la 27esima ora” del “Corriere della Sera”, emerge che solo trentadue atenei su ottantacinque riportano la presenza di un Consigliere di Fiducia.
Una narrazione preoccupante, soprattutto al Sud Italia
La situazione sembra ancora più preoccupante negli atenei del Sud Italia. Solo tre atenei, infatti, indicano questa figura: l’Università degli Studi della Basilicata, l’Università degli Studi del Salento e l’Università degli Studi del Molise. Tra le università private, solo una ha una Consigliera di Fiducia, la Sigmund Freud University di Milano.
Quando questa figura esterna è mancante, il suo operato è sostituito dal CUG, il Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità. Quest’ultimo, però, come sottolinea l’inchiesta sopracitata, è formato da membri interni all’ateneo. Per una vittima, però, sarebbe più facile trovare un appoggio sicuro in una figura esterna alle dinamiche dell’università.
Narrazione sbagliata, poca educazione al problema, misure di prevenzione esistenti ma mal sfruttate. C’è ancora molta strada da fare affinché un luogo pubblico di studio, di lavoro e di ricerca come l’università possa considerarsi un luogo sicuro per tutti.